Viene da chiedersi come possa aver fatto tutto questo con il servizio che si ritrova, spesso con la seconda anche sotto i cento chilometri all’ora. La risposta in realtà c’è: se vince così tanto, a 19 anni, senza servizio, vuol dire che tutto il resto è di livello altissimo.
Quella di Villa Olmo è stata una finale se non bellissima (una finale quasi mai lo è) senza dubbio combattutissima. Gian Marco Moroni, 23enne romano, che quest’anno ha vinto il Challenger di Milano, ha lottato con tutto quello che aveva. Sempre sotto nel punteggio, sempre ad inseguire un break di svantaggio, spesso costretto a fare il tergicristallo a fondo campo, in difficoltà a tenere la linea di fondo per comandare il gioco, alla fine si è arreso per una manciata di palline. Quelle che tuttavia fanno la differenza – nel tennis – tra il vincere e il perdere. Come ad esempio il doppio fallo commesso sul set point, oppure la riga presa nel tiebreak da Cerundolo che l’ha portato al terzo match point poi sfruttato.
Il punteggio alla fine è stato di 7-5 7-6 (7). Vittoria meritata per l’argentino, che ha mostrato senza dubbio maggiore qualità. Ma applausi anche a Moroni: da lui in molti dovrebbero imparare la voglia di lottare fino all’ultima pallina perché una partita di tennis può cambiare in qualsiasi momento, e anche oggi – nonostante un avversario superiore – avrebbe potuto. Prima di quel maledetto doppio fallo.
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